Dopo stadi, scuole, cinema e teatri, potrebbero chiudere le porte anche i tribunali. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sta mettendo a punto in queste ore un provvedimento con “ogni misura idonea” a prevenire la diffusione del coronavirus nei palazzi di giustizia.
La decisione del ministro arriva dopo la forte pressione di avvocati, magistrati e operatori vari, che in questi giorni avevano sollecitato con forza un intervento del governo. Il Consiglio superiore della magistratura spinge per il rinvio di processi civili e penali e la sospensione dei termini per i tribunali nelle zone a rischio.
L’Organismo congressuale forense, per forzare la mano, ha indetto invece quindici giorni di sciopero degli avvocati. Tra le motivazioni non soltanto la “tutela dell’incolumità e sicurezza” nei tribunali, ma anche il mancato riconoscimento da parte di molti giudici “della legittimità del diritto di astensione (dai processi, ndr) per mancanza di grandi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”. Una motivazione, in questi giorni di diffusione dei contagi anche nei tribunale, ritenuta assurda dagli avvocati.
Dallo scoppio dell’epidemia di Covid-19 in Italia, i tribunali non hanno adottato una linea di prevenzione comune. E questa è un’altra questione sollevata sia dai giudici che dagli avvocati. A Milano, nel cuore della zona gialla, dopo i primi casi di giudici positivi al Sars-Cov-2 si è deciso di “evitare del tutto contatti ed assembramenti” in procura. A Padova sono stati bloccati processi civili e penali, a meno che non siano urgenti. A Cagliari sono stati limitati gli accessi ai tribunali. A Napoli, dove si sono registrati casi di contagio nel palazzo di giustizia, “sono state sospese tutte le attività non di somma urgenza” dal 5 al 9 marzo. Iniziative in ordine sparso, spesso rimesse agli ufficiali giudiziari, prese per la mancanza di linee guide presentate dal ministro Bonafede. Che ora però sembra pronto a rimediare.