Per ora il Coronavirus non fa rimandare il referendum sul cosiddetto “taglio dei parlamentari” previsto il prossimo 29 marzo, ma a giorni si dovrebbe prendere una decisione. “Questa è la settimana per stabilire se confermarlo o spostarlo a maggio insieme alle regionali – ha spiegato questa mattina il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà a Skytg24 – Decidiamo entro giovedì”.
“Certo – ha aggiunto il ministro – si deve dare la possibilità che ci sia campagna informativa dovunque, anche nelle zone rosse. È una valutazione da fare nei prossimi giorni, ma certo è un grande passaggio di riforma istituzionale”.
L’idea di mantenere il referendum il 29 marzo trova il consenso di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. “Decideranno le autorità competenti, io sarei per rispettare la scadenza – ha spiegato la parlamentare in un’intervista a La Repubblica – Noi siamo per il taglio”. In merito a questa posizione Meloni ha chiarito: “Sia chiaro: sono convinta che quel referendum non accorci la legislatura ma la allunghi. Finché non si celebra il referendum ci diranno che non si può votare per le Politiche”.
Contro il rinvio protesta la Fondazione Einaudi, a cui sono vicini diversi noti giuristi e politici di area liberale che hanno organizzato comitato per il “No” al taglio. “Apprendiamo con viva preoccupazione la notizia della comunicazione del ministro – sostiene la Fondazione in una nota – Qualora il rinvio dovesse comportare l’accorpamento del referendum alle elezioni regionali i nostri costituzionalisti e gli avvocati sono già al lavoro per valutare tutti i possibili ricorsi avverso tale gravissima violazione delle basilari norme democratiche. Infatti al danno della mancata assicurazione di adeguata informazione attraverso i media, ad iniziare dalla TV pubblica, si aggiungerebbe la beffa di un referendum che sarebbe inevitabilmente travolto dalla battaglia tra i partiti. Precedenti e norme di legge sembrerebbero comunque non consentire l’accorpamento”.