Quirinale e Palazzo Chigi. La trattativa per la scelta del prossimo inquilino del colle è ormai strettamente legata a quella per la formazione di un possibile governo. Dall’uno dipenderà l’altro. E intanto in casa Pd i nervi sono tesissimi. Ieri Renzi ha duramente replicato agli attacchi di Bersani: «Pierluigi cerca solo l’insulto – ha spiegato il sindaco di Firenze – e antepone i suoi interessi a quelli del paese». E la bocciatura per alcuni dei nomi usciti in questi giorni, Franco Marini e Anna Finocchiaro su tutti, è netta: «Sarebbe bello un presidente donna, ma leggo sui giornali nomi che sono impropobabili: Finocchiaro la ricordiamo per la splendida spesa all’Ikea con il carrello umano». Durissima la replica della Finocchiaro: “Non mi sono mai candidata a nulla – ha spiegato oggi l’esponente Pd – Conosco bene i miei limiti e non ho mai avuto difficoltà ad ammetterli. Ho sempre servito le istituzioni in cui ho lavorato con dignità e onore, e con tutto l’impegno di cui ero capace, e non metterei mai in difficoltà nè il mio Paese, nè il mio partito. Trovo che l’attacco di cui mi ha gratificato Matteo Renzi sia davvero miserabile, per i toni e per i contenuti”. Tensioni anche all’interno del Movimento cinque Stelle, impegnato a partire da oggi nel secondo turno delle ‘Quirinarie’ e con un malessere crescente all’interno della base su alcuni nomi usciti al primo round. « Sicuramente sono un po’ sorpreso dal nome di Prodi, ma anche dalla Bonino: non me li sarei aspettati. Ma va bene così. È la democrazia, questa è la bellezza: accettare con serenità qualsiasi risultato della consultazione democratica», ha spiegato il capogruppo M5S alla Camera, Vito Crimi.
La rosa dei nomi si sta assottigliando, tanto che ormai è una sfida a due tra Amato e Prodi. Mentre gli interessati si defilano – Prodi ieri ha glissato sull’argomento rispondendo sornione ad una domanda sulla sua candidatura: «Nella corsa al Quirinale non ci si iscrive e non ci si deve nemmeno pensare» -, gli sherpa dei partiti da giorni sono in fibrillazione. I contatti vanno avanti. Tutto sembra dipendere dalla presenza o meno di esponenti Pdl all’interno di un possibile esecutivo di emergenza firmato Bersani. Un’ipotesi però che il segretario Pd ha più volte rifiutato. «Il Governo deve essere di cambiamento”, va ripetendo da giorni ai suoi. E allora le ipotesi sono due: se Berlusconi accetta di calare un po’ le sue pretese e si accontenta di sostenere Bersani con un appoggio esterno, magari inserendo qualche esponente dal profilo condiviso, in quel caso si andrebbe verso l’elezione di un capo dello stato deciso tra i due partiti maggiori; oppure il Pd potrebbe forzare la mano, cercando l’appoggio di Monti (scelta civica) o addirittura del Movimento cinque Stelle su un nome di rottura.
Il nome in pole position è quello di Prodi, l’arma finale nei confronti di Berlusconi che, non più tardi di sabato, dal palco della manifestazione barese, aveva prospettato una fuga di massa dal paese qualora il professore venisse eletto («Non vorrei che si creasse un’emigrazione del genere» ha replicato con un sorriso il professore).
Ma Prodi non è l’unico. Sono in molti, infatti, a guardare con favore a Stefano Rodotà, Giurista insigne (garante della privacy dal 1997 al 2005) con un passato da presidente dei Ds. Per Prodi saranno decisivi i voti di Monti (che Bersani incontrerà stasera). Ma soprattutto sarebbero essenziali i grillini, dai quali il Pd si aspetta qualche segnale tra oggi e domani. Il loro voto sarà determinante al quaro scrutinio, quando per eleggere il capo dello Stato non servirà più una maggioranza qualificata, ma sarà sufficiente quella assoluta. Il nome del professore è già nella lista di dieci nomi usciti dalle ‘Quirinarie’. Oggi gli iscritti al Blog di Grillo (quasi 50 mila persone) potranno votare, tra questi nomi, il candidato al Colle. Eppure Amato resta il nome più gettonato in queste ore. Saltata la candidatura di Anna Finocchiaro – bocciata da Renzi e in imbarazzo visti i guai giudiziari del marito, a processo a Catania per abuso d’ufficio – e su di lui che Berlusconi punta per trovare un intesa con il Pd. Che però appare sempre più spaccato al suo interno, e il Cavaliere teme di ritrovarsi a trattare con un Bersani ormai solo rappresentante dei suoi, con un partito già in fase di fibrillazione pre-congressuale. Popolare ai piani alti, Amato è invece visto come fumo negli occhi dai grillini. Grillo lo ha bocciato senz’appello e non potrebbe essere altrimenti per un uomo che da trent’anni domina la scena politica. «La sua elezione sarebbe il trionfo, a vent’anni dalla sua morte, dell’anima di Bettino Craxi», ha spiegato in un’intervista di qualche giorno fa, Paolo Cirino Pomicino. Quello che sembra ormai irrealizzabile, è invece la riconferma di Giorgio Napolitano. Ieri, il Presidente uscente, in un colloquio con il direttore deLa Stampa, Mario Calabresi, ha chiuso la porta a qualsiasi ipotesi in questa direzione: «Non mi convinceranno a restare».