“Un momento storico, per due motivi: per la portata e l’importanza dell’evento, ma anche perché parla di storia”. Parla così Matteo Bruni, direttore della sala stampa vaticana, commentando la decisione della Chiesa di desecretare gli archivi documentali di Papa Pio XII. Eugenio Pacelli, vescovo di Roma dal 1939 al 1958, fu una figura controversa: duramente criticato dalle associazioni ebraiche per non aver reso esplicito il distacco vaticano dall’intolleranza nazista, difeso dalle istituzioni ecclesiastiche per il suo impegno in difesa dei perseguitati.
“Gli archivi aperti aiuteranno a ricostruire e dare forza alla verità”, ha dichiarato alla conferenza di fine lavori nella sala stampa della Santa Sede Mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Apostolico Vaticano. “Molte delle cose sono già conosciute – ha aggiunto – tra cui i contatti presi con il presidente giapponese, in piena guerra mondiale. Pacelli chiamò anche l’allora ambasciatore del tedesco (Ernst von Weizsäcker, ndr) e inviò suoi emissari per compiere visite alle prigioni”.
“La chiesa non ha paura della storia, anzi la ama”, diceva Papa Francesco lo scorso 4 marzo all’annuncio della desecretazione degli archivi. Un processo “lungo e delicato” per il Cardinale José Tolentino, archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa. “Per questo c’è voluto tempo – rivela – ma il lavoro di esame e di analisi inizia ora e durerà anni. Dobbiamo avere la pazienza di aspettare le opere di studio, che sono complesse”. Per Tolentino adesso tocca agli storici, che “come i giudici devono contestualizzare i fatti per comprendere il senso delle azioni”.
Dal prossimo 2 marzo gli archivi saranno consultabili “da parte di chiunque abbia un titolo accademico per farlo”, e sarà possibile far luce su uno dei periodi più bui della storia, che per Papa Francesco fu affrontato da Pacelli “anche con momenti di difficoltà, di tormentate decisioni, di umana e cristiana prudenza”.