C’è un unico, grande sconfitto dalle elezioni regionali in Emilia-Romagna. Nell’ex roccaforte rossa, dove prima di domenica mai c’era stata partita alle urne, il Pd tiene, Stefano Bonaccini aumenta il suo consenso personale, la Lega e Fratelli d’Italia crescono.
Stando ai sondaggi – e alla sicumera di Matteo Salvini, che 48 ore prima dell’apertura delle urne affermava: “Non vinciamo, stravinciamo” – il voto del 26 gennaio poteva minare la stabilità del governo e portare a elezioni anticipate. Così non è stato: la conferma di Bonaccini ha saldato la maggioranza giallorossa. Ma ha segnato un duro colpo al Movimento 5 Stelle, il vero perdente del voto emiliano-romagnolo.
Rispetto alle elezioni 2014, il Pd ha preso 214mila preferenze in più (da 535mila a 749mila, nonostante la perdita percentuale di 10 punti dovuta a un’affluenza più che raddoppiata in 5 anni), la Lega le ha triplicate (da 233mila a 690mila), Fratelli d’Italia è cresciuta di nove volte (da 23mila a 185mila).
I 5 Stelle escono invece con le ossa rotte: la lista passa dal 13,3 al 4,7 per cento (da 159mila a 102mila voti), con il candidato governatore Simone Benini che ha un risultato ancora inferiore (3,5 per cento, 80mila voti). Una sconfitta pesante, considerando che proprio in Emilia-Romagna il Movimento era nato (con il Vaffa-Day, nel 2008) e si era affermato (l’elezione del primo sindaco a 5 Stelle fu a Parma, con Federico Pizzarotti nel 2012).
“Ma gli elettori 5S continuano a rimanere gli attori cruciali nel decidere le sorti di chi vince e chi perde, soprattutto in quei contesti elettorali caratterizzati da un elevato bipolarismo”, afferma in un’analisi del voto l’Istituto Cattaneo. “È molto probabile che quasi due votanti su tre abbiano optato per la candidatura di Bonaccini”, favorendone la vittoria (51,4 a 43,6) sulla candidata del centrodestra Lucia Borgonzoni.
Il voto ha confermato la tendenza, già emersa alle politiche del 2018 e alle europee del 2019, di una Lega molto forte nei comuni rurali e periferici. Al contrario, il Pd perde in provincia, mantenendo una forte presa nei principali centri urbani e nei comuni medio-grandi. Il partito di Salvini sfiora il 50 per cento nei comuni sotto i 2 mila abitanti, ma i consensi diminuiscono con la crescita delle popolazione. Al contrario il Pd ottiene circa il 34 per cento nei comuni più piccoli e supera il 50 nei comuni con più di 60mila abitanti. I 5 Stelle hanno invece risultati “omogenei” su tutto il territorio.
Ma è stato l’elettorato che ha voltato le spalle ai 5 Stelle a garantire la vittoria a Bonaccini: “L’espansione elettorale dell’area di centrosinistra è dovuta alla maggiore capacità di attrazione degli elettori pentastellati”, afferma l’Istituto Cattaneo, che in un altro report ha analizzato i flussi di voto tra europee 2019 e regionali 2020. Almeno in Emilia-Romagna, chi vota 5S è più di sinistra che di destra: tra il 45 e il 70 per cento di chi a Ravenna, Ferrara, Parma e Forlì, aveva votato il Movimento lo scorso 26 maggio, sette mesi dopo ha messo la “X” su una lista di centrosinistra. Un dato significativo, che potrebbe aiutare a capire ai 5 Stelle in crisi la loro vera identità. Almeno in Emilia-Romagna.