È stato raggiunto il numero necessario per chiedere il referendum sul taglio dei parlamentari, 64 senatori hanno raccolto le firme per la riforma costituzionale approvata dal Parlamento a inizio ottobre.
La legge costituzionale sarebbe dovuta entrare in vigore a gennaio ma la richiesta dei senatori di fatto la sospende. Sarà la Corte di Cassazione, nei prossimi giorni, a ratificare la legittimità della richiesta bloccando l’entrata in vigore della legge il 12 gennaio.
I numeri. Sono 945 i parlamentari attualmente in carica: 630 deputati e 315 senatori, esclusi quelli a vita. Con la legge approvata a inizio ottobre, e ora sottoposta a referendum, i deputati scenderebbero da 630 a 400, e i senatori da 315 a 200. Quarantuno firme su 64 sono di Forza Italia, la Lega invece ha depositato solo due firme, il resto gruppo misto, Partito democratico e M5s.
Il referendum dovrebbe tenersi tra maggio e giugno 2020, ma se si dovesse votare per una crisi di governo, si farebbe con l’attuale numero di seggi e il referendum potrebbe slittare.
Le reazioni. Per il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il referendum non avrà influenze sull’esecutivo: “Abbiamo tante cose da fare, abbiamo un’agenda fitta, io giorno dopo giorno lavoro per risolvere i problemi del paese. Sono percorsi istituzionali. Non influenza e non può influenzare l’agenda di governo”. La parola passerà poi ai cittadini. Il leader del M5s sul suo profilo Facebook ha così commentato: “Sono sicuro che i cittadini sapranno scegliere nel migliore dei modi, ogni referendum per noi è sacro. Ma vorrei anche dire ai 64 firmatari che forse potevano andare in piazza a raccogliere le 500mila firme che servono per la richiesta del referendum, fare dei banchetti, insomma coinvolgere le persone veramente. Ma dubito che le avrebbero raccolte”. Così invece scrive sul suo blog Stefano Ceccanti, capogruppo Pd in Commissione Affari costituzionali della Camera: “È stato sensato promuovere un referendum dall’esito ovviamente scontato? Con tutto il rispetto per i parlamentari firmatari, no. Serve soprattutto a dare spazio a motivazioni semplicistiche anti-casta e a dare visibilità a chi per ragioni proprie vuole intestarsi la minoranza del No”