La Turchia, con una nota diffusa dal ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu, lancia un avvertimento agli Stati Uniti: la fine dell’embargo sulla vendita di armi alla Repubblica di Cipro, votata ieri dal Congresso Usa, provocherà una “pericolosa escalation” nella regione. Il testo approvato a Washington, che dovrà essere firmato dal presidente Donald Trump, “non avrà altro risultato che ostacolare gli sforzi per una soluzione sull’isola”, accusa Ankara, evidenziando come “il linguaggio delle minacce e delle sanzioni non dissuaderà mai la Turchia dal compiere con determinazione i passi per garantire la sua sicurezza nazionale”.
Gli Stati Uniti avevano imposto un embargo sull’intera isola nel 1987, con l’obiettivo di prevenire una corsa agli armamenti e favorire invece un accordo pacifico tra la maggioranza greca e la minoranza turca. I critici sostengono che il passo sia stato controproducente costringendo Cipro a cercare altri partner, mentre la Turchia, membro della Nato, ha stazionato le forze nel nord di Cipro dalla sua invasione nel 1974, mantenendo ancora oggi, nella parte settentrionale dell’isola, oltre 30mila soldati e diverse basi militari.
La tensione con gli Usa prosegue anche per la minaccia di sanzioni che Washington ha indirizzato ad Ankara, cui è seguita la piccata replica turca: “Se serve, possiamo chiudere una o entrambe” le basi militari gestite dagli Usa in Turchia (Incirlik e Kurecik), ha dichiarato il presidente Recep Tayyip Erdogan, parlando con i giornalisti a margine del Forum mondiale sui rifugiati a Ginevra. “Sappiamo bene quando agire con moderazione e quando essere determinati”, ha tuonato il “Sultano”.