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L’Aquila vuole “continuare a sognare”. A quattro anni dal sisma la ricostruzione non parte e le promesse non bastano più.

di Giulia Prosperetti08 Aprile 2013
08 Aprile 2013

Si sono spenti i riflettori e i giornalisti sono andati via. Dopo le celebrazioni di venerdì e sabato, in ricordo del tragico sisma che il 6 aprile del 2009 ha distrutto l’Aquila, la città fantasma è ripiombata nel silenzio.

E’ il quarto anniversario dal terremoto ma il tempo, qui, sembra non scorrere più, congelato come l’orologio della chiesa di Sant’Esuanio, con le lancette  ferme alle 03:33, un minuto dopo la fatale scossa.

Venerdì sera hanno sfilato in dodicimila per le vie della città, candele accese e le foto delle vittime, sui cartelli i nomi stampati degli otto ragazzi uccisi nel crollo della casa dello studente. Nel cuore il dolore ma anche tanta rabbia. Alle 3,32, 309 rintocchi. Trecentonove come coloro che non ci sono più.

Politici e frasi di rito, come ogni anno, ma in qualcosa questo anniversario è stato diverso. «Più brutto perché si è persa la speranza», per il sindaco del capoluogo abruzzese Massimo Cialente. Alle promesse non crede più nessuno. Lo champagne nei frigoriferi delle C.a.s.e. (Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili) costruite a tempo di record da Berlusconi è finito da anni, o forse, non è stato mai stappato. Quelle che dovevano essere soluzioni provvisorie, per tamponare l’emergenza, stanno diventando sempre più definitive senza essere state progettate per esserlo. E gli abitanti del centro ora racchiusi in nuclei urbani, non-luoghi, strappati alle loro origini, alla loro vita, non sanno se torneranno mai nelle loro case sventrate della zona rossa. Le persone ancora assistite sono 22.206, di cui 12.318 vivono nelle C.a.s.e, 2.700 in moduli provvisori, 240 in abitazioni del Fondo Immobiliare. Altri 6.686 aquilani rimasti senza un tetto ricevono un «contributo autonoma sistemazione». Altri 259 sono alloggiati in varie strutture ricettive, come i 116 che vivono ancora a Coppito, la caserma che ha ospitato il G8.

Girando per la città vecchia si sente solo il rumore dei propri passi. Ogni tanto si incontra una volante della polizia o una camionetta dei militari che vigila gli accessi. Le facciate antiche sono cerchiate dall’acciaio, ingabbiate dal reticolo di travi e pilastri che sorregge i palazzi.

Un grande cantiere dove però non lavora nessuno.

“Ora i soldi ci sono, bisogna scaglionarli con un piano organico” ha detto sabato il presidente del Senato, Pietro Grasso, dopo il minuto di silenzio davanti alla casa dello studente.

Secondo la giunta comunale di centrosinistra, per partire davvero con la ricostruzione del centro storico sarebbero necessari almeno un miliardo l’anno da qui al 2019. Ma secondo il sindaco non sono arrivati neanche i 985 milioni stanziati dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) a fine dicembre. Sarebbe stato sufficiente aggiungere una tassa di scopo, ma “Berlusconi non volle saperne” ha detto Ciani.

Il direttore abruzzese del ministero dei Beni culturali, Fabrizio Magani ha annunciato che sono in arrivo i soldi per aprire 65 cantieri e se tutto va bene «saremo in grado di restituire agli aquilani e a tutti gli italiani 250 monumenti in nove anni».

Un gruppo di ragazzi affolla un piccolo locale alle porte della zona off-limit, uno dei pochi punti di aggregazione rimasti. “Abitavo davanti alla casa dello studente. Ora vivo in una delle case nuove, lontano da tutto”. Andrea studia medicina e si domanda come sia possibile vivere così. “Ma il problema più grande è per gli anziani”, continua. Mentre tra gli abitanti delle C.a.s.e dilaga la depressione, il sindaco Cialente avverte: “se non arriveranno subito fondi e certezza di nuovi finanziamenti l’Italia avrà condannato a morte L’Aquila”. Solo nell’ultimo anno se ne sono andate seimila persone.

Ma , come ha sottolineato l’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Molinari, nel corso della Santa Messa, officiata il sei aprile, nonostante tutto, non bisogna perdere la speranza.  Gli abitanti dell’Aquila vogliono “continuare a sognare una città nuova” .

Giulia Prosperetti

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