“Non ho un personaggio preferito perché sono tutti figli miei. Non farei però mai più morire Il Libanese a pagina 140 di Romanzo criminale perché portandolo avanti avrei potuto fare di quel romanzo una trilogia. Ho preferito una morte eroica a un trascinarsi. E ho sbagliato”. Così Giancarlo De Cataldo, magistrato e scrittore, autore di Romanzo criminale e Suburra, ha raccontato e si è raccontato al master in giornalismo della Lumsa.
Un’immersione nelle sue passioni, nella sua carriera e nelle sue idee. “Il giornalismo era una mia grandissima passione. Non avevo ancora le idee chiare ma per me il giornalismo significava scrivere delle cose e farle leggere. Facevo parte di un giornale studentesco e mentre tutti pensavano a scrivere poesia, prosa letteraria o a prendere posizione politica io ebbi un’intuizione geniale: intervistare il centravanti del Taranto Angelo Paina”. E fu proprio una intuizione vincente quella di De Cataldo, tanto che quel giornale venduto porta a porta andò a ruba e fu ristampato. “Quella fu la mia prima lezione di giornalismo”.
La sua carriera poi ha proseguito su altri due binari: la scrittura e la magistratura. “Mi mancavano un paio di qualità per fare il giornalista: la tenacia di propormi in redazione e insistere. Mi vedevo dietro la scrivania sì, ma a cercare l’anima e il cuore su una serie di fatti. Non sarei stato bravo a cercare la notizia, ma invece a trovare le prove una volta che il fatto è successo: adoro sceneggiare la storia. Un giornalista invece non può farlo perché in un reportage, ad esempio, bisogna riportare il fatto per quello che è. In un romanzo la tua grande forza è la metafora che ti consente la sostituzione della realtà”.
Un messaggio importante per quanto riguardo la trasformazione delle notizie con l’accesso in rete, ormai alla portata di chiunque.
Secondo De Cataldo, “l’accesso alle informazioni in rete che ti concede il cellulare è prezioso. Il problema è il materiale sterminato che offre la rete, brutale. Se va in mano a una persona con molta esperienza e conoscenza di alcuni argomenti sarà in grado di discriminare bugie, illazioni, fake. Messo in mano a chiunque non abbia nessun altro strumento culturale se non quello, è deleterio”. La strada da percorre dunque, secondo Giancarlo De Cataldo sarebbe quella della rieducazione digitale, “ma temo che siamo nella stagione in cui le strade di mezzo siano odiate. I risultati si vogliono tutti e subito”.