Coliamo a picco. O per lo meno così dicono i numeri. Se prima del nuovo millennio venire a giocare a calcio in Italia era un sogno, qualcosa nel frattempo è cambiato: da traguardo prestigioso, oggi giocare in Serie A è passato ad essere un trampolino di lancio o l’ultimo atto di una brillante carriera quasi sulla via del tramonto.
E di questo, per forza di cose, ne risentono anche i diritti tv collegati al mondo del pallone, come si può leggere nell’articolo pubblicato dalla Gazzetta dello Sport: i ricavi della Serie A, negli ultimi dieci anni, sono cresciuti del 101,6%, praticamente la metà della Bundesliga (201,07%) e molto di meno della Premier League e della Liga spagnola, rispettivamente a +242,5% e +222,4%. Un altro dato: sono 1,3 i miliardi che il nostro campionato maggiore incasserà, fino al 2021, per la vendita dei diritti tv sia domestici che esteri, 300 milioni in meno di quanto la Premier ricava “solamente” dalla vendita all’estero.
Peggio della Serie A, si fa per dire, c’è solo la Ligue 1, che cresce del 74,6%, trainata dalla stella del Paris Saint German e dallo sceicco che ha deciso di investire nel club parigino.
Ma tutta questa differenza a cosa è dovuta? Premettendo che si tratta di ipotesi, non si non può pensare alla poca competitività della nostra Serie A: sono otto anni di dominio assoluto della Juventus in campionato. Se ci si gira indietro, c’è quasi il vuoto. Le “Sette sorelle” del calcio italiano sono un ricordo ormai sbiadito. Per non parlare della situazione degli stadi. Sono anni che si parla del nuovo impianto per la Roma, ma sono solo parole; adesso è in voga il progetto per la costruzione di una nuova “Scala del calcio” a Milano. Pure sul progetto San Siro, però, di concreto c’è ben poco.