“La soluzione di mercato non c’è”. Bastano queste poche parole pronunciate ieri da Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo economico in quota 5 Stelle, davanti alla commissione Industria del Senato: al momento si fatica a trovare una soluzione per il controverso caso Alitalia. Dopo la mancata presentazione dell’offerta d’acquisto, la compagnia quest’anno perderà 600 milioni e ha già bruciato i 900 milioni del cosiddetto prestito statale, concesso dal governo Gentiloni.
Atlantia si è tirata fuori dai giochi, dichiarandosi non più disponibile a costituire un consorzio con Ferrovie dello Stato e la compagnia americana Delta. E il governo si trova davanti a diverse ipotesi su come proseguire, in tempi più brevi possibile, per scongiurare il peggio. In ogni caso non si potranno del tutto evitare pesanti ricadute sia per i lavoratori sia per le casse dello Stato: ricadute statali già ci sono state, perché, in questa ultima crisi della compagnia di bandiera, successiva all’uscita di Etihad, la pioggia di soldi pubblici è arrivata, tramite due prestiti ponte del ministero del Tesoro, a oltre 1,2 miliardi di euro.
Patuanelli ha avanzato un possibile ritorno all’Iri, l’istituto per la ricostruzione industriale: “Se serve, assolutamente sì. Siamo disposti a farlo in un momento in cui è necessario proteggere le nostre imprese e la produzione industriale del Paese”. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte spera invece in un intervento di Lufthansa che potrebbe unirsi a Ferrovie dello Stato e Delta. Anche se il ministro insiste: Alitalia “è una compagnia troppo grande per essere piccola e troppo piccola per essere grande. Ha una dimensione che in questo momento il mercato fa difficoltà ad accettare. Stiamo valutando diverse opzioni, certamente non è una proroga al consorzio che si stava costituendo, perché quella strada lì non c’è più”.
Sul piatto c’è anche l’opzione di scorporare la compagnia aerea in tre pezzi: la parte aviation (6.500 addetti tra piloti e assistenti di volo) – che sarebbe la fetta appetibile a cui punta Lufthansa -, la parte di assistenza a terra (3 mila addetti) e quella della manutenzione (200 addetti). Ciò non esclude gli esuberi, che potrebbero arrivare a quota 5mila cassintegrati.
In tutto ciò, il governo deve muoversi cercando di schivare le insidie dell’aiuto di Stato, vietato dalle norme dell’Unione Europea. La situazione resta in bilico.