Non c’è pace per l’Africa. Dopo il Mali, dopo il Congo dove i ribelli del Movimento 23 marzo (M23) hanno rilanciato una potente offensiva gettando il nord del Paese nello scompiglio, dopo la Primavera araba anche la Repubblica Centrafricana si piega alla guerra civile. E le parole del portavoce del presidente – ancora formalmente in carica – sono chiare: «I ribelli controllano la città».
La presa e la fuga. Domenica 24 marzo i ribelli Seleka hanno assaltato ed espugnato il palazzo presidenziale nella capitale Bangui. Il capo dei ribelli, Michel Djotodia, si è autoproclamato capo dello Stato, al posto del presidente François Bozize. Quest’ultimo non è stato catturato dal momento che era già scappato da qualche giorno, inoltre, alcune indiscrezioni parlano di un suo feeling con il vicino Congo dove, appunto, pare aver trovato rifugio. Infatti, secondo alcune fonti, Bozize sarebbe riuscito ad attraversare il fiume Oubangi che divide il paese dalla confinante Repubblica Democratica del Congo. Nell’assalto sono rimasti uccisi alcuni militari: almeno sei sarebbero dell’esercito regolare sudafricano, schierati da gennaio a sostegno del fragile governo di Bozize, il quale, dopo la firma di una tregua con i ribelli, avrebbe dovuto rimanere al potere fino al 2016.
Il tutto all’alba. Già in mattinata c’era aria di rivolta. Scontri e spari si erano fatti sentire nelle ore precedenti e nel mentre uno dei capi della rivolta, il colonnello Djouma Narkoyo, annunciava l’arrivo della «giornata decisiva», e così è stato. La violenza è cominciata alle 5:30 quando gruppi di uomini armati hanno lanciato l’offensiva da una decina di chilometri dal centro e dal Palazzo Presidenziale. Poi, il rumore si è fatto sempre più intenso fino alle 6:30 quando, appunto, i ribelli Seleka hanno espugnato il palazzo.
Francesi pronti e Usa via. «Truppe sono state inviate per mettere in sicurezza lo scalo di Bangui. Adesso l’aeroporto è sicuro», ha affermato una fonte diplomatica francese. Il giorno prima, il 23 marzo, Parigi aveva inviato truppe per mettere in sicurezza l’aeroporto di Bangui. Gli Stati Uniti, invece, già da molti giorni avevano chiesto al loro ambasciatore di lasciare la città. Una città che secondo Emergency – che gestisce un ospedale nella capitale – era già deserta da quando era scoppiata la rivolta.
Una crisi che si protrae da mesi. Tra Seleka e governo gli scontri erano iniziati a dicembre del 2012. La violenza sembrava essersi fermata l’11 gennaio 2013 con gli accordi di Librevill che hanno sancito la formazione di un governo di unità nazionale con scadenza nel 2016.
Paolo Costanzi