L’acronimo Neet (Neither in Employment nor in Education or Training) è inglese, ma il primato dei giovani che non studiano, non lavorano e non seguono nessun percorso di formazione in Europa è tutto italiano. Nel complesso, nel nostro Paese, i neet nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni sono due milioni e 116mila. In percentuale, rappresentano il 23,4% dei giovani della stessa età presenti sul territorio, rispetto a una media Ue del 12,9%.
Il risultato emerge dall’ultimo studio dell’Unicef, ‘Il silenzio dei Neet. Giovani in bilico tra rinuncia e desiderio’, che individua nel Meridione la zona più colpita. Nel Nord Italia i neet sono infatti il 15,5%, nel Centro il 19,5%, mentre nel Sud si arriva al 34%. Tra le regioni, al primo posto figura la Sicilia, con un’incidenza del 38,6% della popolazione, a seguire la Calabria (36,2%) e la Campania (35,9%).
Sotto il profilo dell’età, il 47% dei neet si colloca tra i 25 e i 29 anni, il 38% tra i 20 e i 24 e il restante 15% nella forchetta tra i 15 e i 19 anni. Lo studio dell’Unicef è stato realizzato sugli ultimi dati Istat del 2018 ed evidenzia che la maggior parte di questa tipologia di giovani ha anche conseguito un diploma di scuola secondaria superiore (49%), a fronte però di un 40% con un livello di istruzione più basso e di appena un 11% di laureati.
Una situazione che fa riflettere, soprattutto se si considera l’ultimo studio Invalsi sulla “dispersione scolastica implicita”, firmato da Roberto Ricci. Il 7,1% di ragazzi, pur avendo in tasca un diploma di scuola superiore, non è in grado di capire un libretto di istruzioni di media difficoltà. E negli ultimi due anni, complice la crisi, i giovani fra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato la scuola prima del traguardo finale sono tornati a crescere, attestandosi sopra il 14 per cento. Siamo quartultimi in Europa. Peggio di noi fanno soltanto Romania, Malta e Spagna.