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HomeEsteri Proteste in Iraq, spuntano cecchini con volto coperto. 100 morti in una settimana

Proteste in Iraq
cecchini sparano sulla folla
100 morti in 6 giorni

Migliaia in piazza contro il governo

appoggiati dalle autorità religiose

di Laura Bonaiuti08 Ottobre 2019
08 Ottobre 2019

Secondo la suprema commissione irachena per i diritti umani, dei 103 morti accertati finora e degli oltre 4 mila feriti (ma altre fonti parlano di 111 uccisi e 6 mila feriti) in sei giorni di violenze, il 40% è stato ucciso o ferito da cecchini “non identificati”, con il volto coperto, appostati sui tetti dei palazzi vicini alle zone dei disordini a Baghdad, Bassora, Nassiriya, Kut e altre città.

L’inizio delle manifestazioni. I disordini sono scoppiati lo scorso 1° ottobre e hanno visto scendere in piazza manifestanti di varie estrazioni sociali ed economiche: dagli studenti universitari, fino agli esponenti delle Unità della mobilitazione popolare sciita (Pmu), le milizie a maggioranza sciita – più volte accusate di essere pilotate dall’Iran (alcuni retroscena parlano anche di un’influenza dell’Arabia Saudita). L’epicentro degli scontri è stata Baghdad (nella ormai nota piazza Tahrir), poi Nassiriya, dove i cittadini si sono riversati in strada contro il primo ministro Adel Abdul Mahdi, in carica da circa un anno. La protesta si è poi espansa in molte altre città chiave irachene. Gli attivisti in questi giorni mostrano sui social network e sui siti internet diversi video riguardo alle uccisioni attribuite a pallottole provenienti dall’alto dei palazzi. Finora il governo ha ammesso “l’uso eccessivo della forza” nel gestire le proteste popolari, ma non ha commentato le notizie della presenza di cecchini, i quali sarebbero responsabili di più del 10% delle morti totali.

I motivi degli scontri. Le principali richieste dei manifestanti riguardano anzitutto la carenza di servizi sanitari, la bassa qualità dell’istruzione, l’alto tasso di disoccupazione, la diffusione illegale di armi nelle città, i frequenti sequestri di persona, l’alto tasso di criminalità, la distribuzione settaria del potere e l’eccessiva influenza dell’Iran sulla politica irachena. Una delle cause delle proteste sarebbe la decisione di Abdul Mahdi di rimuovere il generale Abdul Wahab al Saadi dal suo incarico di comandante delle forze antiterrorismo e trasferirlo ad altra mansione presso il ministero della Difesa. Finora il premier non ha fornito una spiegazione alla rimozione dell’alto ufficiale dall’incarico. Secondo alcuni osservatori, la rimozione di Al Saad, che sarebbe tra le cause scatenanti delle proteste, almeno a Baghdad, è avvenuta su pressioni dei politici più vicini all’Iran che vedevano con preoccupazione la popolarità del generale tra la popolazione.

Le autorità religiose a favore della protesta. Secondo l’ayatollah Ali al Sistani, massima autorità religiosa dell’islam sciita dell’Iraq, il governo iracheno ha fallito nella lotta alla corruzione sollecitata dalla popolazione. “Il governo deve cambiare il suo approccio nell’affrontare i problemi del paese prima che sia troppo tardi”, ha affermato. Inoltre, Al Sistani ha condannato gli attacchi contro le manifestazioni pacifiche e ha messo in guardia dalle proteste non pacifiche in alcune città. L’ayatollah ha rinnovato la richiesta alle massime autorità dello Stato di formare una commissione indipendente, incaricata di ascoltare ed esaminare le istanze della popolazione.
Il leader religioso sciita iracheno, Moqtada al Sadr, ha chiesto ai parlamentari alleati della coalizione irachena antisistema al Sairoon (“In marcia insieme”) di boicottare i lavori della Camera dei rappresentanti fino a quando il governo non introdurrà un programma adeguato a rispondere alle esigenze dei cittadini.

La reazione dell’esecutivo. Il capo del governo di Baghdad ha sollecitato i parlamentari ad appoggiare un possibile rimpasto di governo, facendo un appello alla calma e ad una riduzione degli scontri. In un discorso trasmesso dall’emittente statale irachena, Abdul Mahdi ha affermato che le “legittime richieste” dei manifestanti sono state ascoltate dall’esecutivo, osservando che le criticate misure di sicurezza impiegate in questi giorni sono “pillole amare che devono essere ingoiate”. Parole che però non hanno fermato la mobilitazione popolare, mentre lo Stato islamico potrebbe approfittare dei disordini per tornare a colpire. “

Giovedì scorso il primo ministro aveva tenuto un discorso alla televisione nazionale per cercare di placare i manifestanti; aveva detto che sarebbe andato incontro alle loro richieste ma aveva anche aggiunto di non avere “la bacchetta magica” per risolvere tutti i problemi del paese. Nonostante il suo invito alla calma, però, venerdì gli scontri si sono intensificati e sono morte altre 30 persone. Gli episodi più violenti si sono verificati in Piazza Tahrir, a Baghdad.

La linea dura dell’esecutivo e l’incapacità di trovare un accordo fanno salire il numero dei morti giorno dopo giorno.

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