Ore 22.30. Al capolinea di Roma Monte Mario – zona nord ovest della capitale – arrivano uno dopo l’altro gli autobus Atac delle linee 998, 913, 912 e 46. Aprono le porte e fanno scendere gli ultimi passeggeri. La scena è sempre la stessa: l’autista spegne il motore, compila il registro, si accende una sigaretta, ne approfitta per fare un salto alla toilette. Torna sul bus, accende il motore e riparte per l’ennesima corsa. Apparentemente tutto tranquillo, ma i conducenti temono sempre di dover avere a che fare con qualche passeggero irascibile e violento.
C’è chi – tra gli autisti esasperati dal clima di violenza in cui sono costretti a lavorare – ora propone di organizzare delle ronde per garantire sicurezza, chi di dotare i conducenti di manganelli, chi di garantire la figura del bigliettaio a bordo, chi addirittura suggerisce la presenza di un poliziotto per ogni mezzo, chi consiglia l’idea di fare diventare i conducenti pubblici ufficiali.
“La situazione è gravissima, nessuno ci protegge. Io stesso sono stato aggredito tempo fa: una persona mi ha sputato in faccia perché il bus aveva avuto un guasto e io ero stato costretto a fermarmi”, racconta Massimo, autista di cinquant’anni, nella sua pausa tra una corsa e l’altra, mentre scende dal 46 che dal piazzale di Monte Mario arriva a Piazza Venezia. È la linea su cui era di turno il 20 settembre Lucio Iannucci, l’autista di 52 anni colpito alle spalle da otto ragazzi. “C’è chi aggredisce e chi invece più semplicemente disturba, salendo sul bus ubriaco o fumando, sia sigarette che marijuana” – continua l’autista. “Quando è così non puoi fare niente. Che fai, esci dalla cabina e ti fai menare? No”.
Un caso non isolato quello di Massimo: nel solo mese di settembre sono stati quattro gli episodi di violenza ai danni del personale della municipalizzata romana. Quaranta – secondo la prefettura di Roma – dall’inizio del 2019, di cui quattordici denunce.
Un dato – riferito ad Atac e ai sindacati durante il vertice che si è tenuto in prefettura lo scorso 27 settembre – non corrispondente al numero dichiarato da Claudio De Francesco, segretario regionale del Faisa Sicel: “Da gennaio i casi di violenza sono ben 65. Molti dipendenti neanche denunciano più perché sono abituati a essere presi di mira. Qui ogni giorno se ne sente una. Non si può lavorare così. È un problema che riguarda soprattutto i colleghi che hanno il turno di notte, specie nelle zone periferiche. Bisognerebbe installare un pulsante di emergenza che metta in contatto gli autisti direttamente con le forze dell’ordine. Come avviene nelle banche”.
Sono svariate le proposte nate per cercare di arginare il fenomeno delle violenze contro il personale Atac: c’è chi – tra autisti e sindacalisti – chiede che tutti i bus siano dotati di cabina blindata e videocamere a circuito chiuso, chi invece ritiene che solo la presenza di guardie giurate e l’aumento di forze dell’ordine sul territorio debbano essere le strade da percorrere. E l’Atac si è mossa proprio in questa direzione, e a Lumsanews Maurizio Sgroi, responsabile ufficio stampa dell’azienda, fa sapere che l’azienda ha deciso di rafforzare le misure di sicurezza puntando soprattutto su un considerevole impiego di vigilantes, con un bando di gara già online.
“La legge e il codice civile dicono che il datore di lavoro deve mettere in atto tutte le misure che secondo l’esperienza e la tecnica disponibili in quel momento sono idonee e sufficienti a tutelare il lavoratore”, afferma a Lumsanews l’avvocato del lavoro Roberto Maurelli. “Oggi l’Atac sa che c’è un numero significativo di aggressioni sugli autobus di Roma? Come facciamo a dire se questo rischio è statisticamente rilevante? Bisognerebbe confrontarlo con quello che accade in altre città”.
Il 27 settembre si sono incontrati in prefettura – dopo lo sciopero del giorno prima – i vertici di Atac, alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine e dei sindacati. Un confronto che aveva l’obiettivo di proporre misure di prevenzione: 6mila cellulari da dare in dotazione a ogni autista per l’utilizzo di un’app dedicata alle chiamate di emergenza, potenziamento dei servizi di vigilanza (pubblica e privata) e controllo sulle tratte più sensibili, corsi di formazione, videocamere di sorveglianza, a circuito chiuso e aperto, collegabili con le centrali nel momento in cui l’autista chiede aiuto. Tutti interventi che dovrebbero essere finanziati sia dalla municipalizzata capitolina sia dallo Stato, che ha garantito di potersi avvalere di risorse finanziarie rese disponibili dai ministeri dell’Interno e dello Sviluppo economico.
Tutte misure da attuare in tempi brevi, considerando anche che molti dei bus che sono su strada non sono dotati dei sistemi di prevenzione necessari: la maggior parte dei pulsanti di emergenza – collegati alle centrali Atac – non funziona, solo due terzi dei 1400 mezzi ha le cabine blindate e meno della metà un sistema di videosorveglianza.
Resta l’ipotesi delle ronde e del riconoscimento agli autisti del ruolo di pubblici ufficiali. “Le ronde sono assurde, assolutamente non condivisibili. Ed è impensabile un poliziotto per ogni autobus, sarebbe insostenibile sia a livello economico che sociale” fa sapere a Lumsanews Marino Masucci, segretario regionale della Fit Cisl di Roma e Lazio. “Autisti pubblici ufficiali? È un problema che deve affrontare il Parlamento o la Corte costituzionale. Non Atac”, incalza l’avvocato Maurelli.
Sui muri della stazione di Roma Monte Mario, da dove è partito il 46 di Lucio Iannucci campeggia il cartello: “La violenza contro i lavoratori dei trasporti pubblici è un reato”.