HomeCronaca A trent’anni dalla guerra, per Buenos Aires la questione non è chiusa: “Las Malvinas son Argentinas”

A trent’anni dalla guerra, per Buenos Aires la questione non è chiusa: “Las Malvinas son Argentinas”

di marco.potenziani20 Marzo 2013
20 Marzo 2013

Il tema delle isole Falkland sta pesando, seppure più nelle impressioni della stampa che non nella realtà dei fatti, su questo inizio di pontificato. Come sappiamo, la Kirchner ha chiesto a Papa Bergoglio di intercedere nella vertenza sulla sovranità territoriale delle Falkland-Malvinas e la cosa non ha fatto piacere alla diplomazia del Regno Unito. Attraverso la dittatura militare di Galtieri fino al travagliato e precario approdo alla democrazia, l’Argentina continua a ritenere quella delle Malvinas, cioè il nome argentino delle Falkland, una ferita aperta nella propria coscienza nazionale.

L’origine della questione. Il territorio delle Isole Falkland/Malvine, composto dai tre arcipelaghi delle le Isole Falkland propriamente dette, la Georgia del Sud e le isole Sandwich meridionali, caddero sotto dominio coloniale britannico sin dal 1833. Da allora è presente sull’isola maggiore, con capitale Stanley, una comunità di sudditi britannici, prevalentemente scozzesi, che vivono tuttora di pastorizia e di terziario sull’unico possedimento coloniale della Corona britannica residuato dal crollo dell’Impero seguito alla seconda guerra mondiale.
La dittatura argentina. L’Argentina ha conosciuto al pari di tanti paesi del Sud America, un  percorso sofferto di alternanze tra governi deboli e dittature militari. Nella cultura sud americana il richiamo all’autoritarismo e alla divisa è stato tale da aver imposto al popolo argentino circa un quarantennio di governi militari ad eccezione della parentesi di Juan Domingo Perón, l’amato presidente che tenne il paese al riparo dalla seconda guerra mondiale e che consentì prosperità e sviluppo al suo popolo. Il 24 marzo 1976 una giunta militare capeggiata dal generale Jorge Rafael Videla rovescia il governo legittimo e innesca il cosiddetto “Processo di riorganizzazione nazionale”, che dietro l’innocua formula burocratica cela la sottomissione del paese al governo autoritario delle forze armate argentine, retto col pugno di ferro e colpevole oltre alla distruzione delle istituzioni democratiche, di aver sterminato centinaia di migliaia di inermi cittadini ritenuti oppositori politici (i c.d. desaparecidos, così come avvenuto ad opera delle analoghe dittature militari instaurate anche in Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay, Perù e Uruguay).
Il nazionalismo e le Falkland. Così come accaduto in Italia durante il regime fascista, il governo ha cavalcato valori autentici della nazione degenerandoli in nazionalismo aggressivo, incontrando quindi il grande favore della popolazione che ha sempre ritenuto le isole Malvinas un torto subito dagli inglesi. Il 19 marzo 1982, quando al “governo” del paese era succeduto il generale Leopoldo Galtieri, scatta l’operazione Rosario, che prevede l’occupazione militare della capitale delle Falkland, Port Stanley, l’arresto del governatore britannico e l’espugnazione militare delle isole. L’Inghilterra, governata da Margaret Tatcher, reagisce con l’estrema durezza che il caso richiese, con l’invio di due flotte militari che impiegarono circa un mese a raggiungere il teatro operativo. In quel periodo l’Argentina ha vissuto settimane di grande esaltazione patriottica e di orgoglio, presto smorzato dalla prova bellica. Le forze in campo erano abbastanza equilibrate sul piano numerico ma sbilanciate su quello qualitativo. Prima di cedere alla morsa terrestre e navale imposta dal leone britannico, le forze argentine si batterono bene, arrecando anche gravi danni (specie da parte della ben equipaggiata e competitiva forza aerea argentina) alle navi inglesi. Dopo lo sbarco delle truppe britanniche sulle isole, il 14 giugno 1982 l’operazione poteva dirsi conclusa tragicamente per l‘Argentina, con oltre 11mila prigionieri e 650 morti. L’episodio sortì l’effetto di rafforzare enormementela Iron Lady Margaret Thatcher consacrandone il governo, e di far cadere per sempre la dittatura militare di Galtieri, spodestato da tafferugli violentissimi in seguito al malcontento del fallimento dell’operazione.
La pace mai fatta. La questione non ha mai trovato una soluzione né diplomatica né di altro genere. A riprova di come l’orgoglio delle isole Malvine sia un sentimento radicato in profondità nell’animo argentino, uno dei monumenti più celebri di Buenos Aires è il sacrario ai caduti delle Malvinas, eretto in memoria dei quasi mille morti delle forze argentine. Con il restauro della democrazia, il governo inglese chiese a quello argentino, qualora avesse voluto, di prelevare le salme dei propri soldati caduti per tumularli definitivamente in Argentina. L’offerta venne cortesemente rifiutata con una eloquente spiegazione: “Sono già sepolti in Argentina”. La storia sta comunque condannando la vicenda all’anacronismo, dato che anche l’ultimo referendum tra i sudditi delle Falkland, per quanto abbia avuto i contorni della farsa, si è espresso oltre l’80% a favore del Regno Unito.

Marco Potenziani

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