“La commissione europea cercherà di raggiungere una Web tax a livello globale, ma se non sarà possibile la missione sarà di proporne una europea”. È questo il programma sulla tassazione dei profitti dei colossi di internet del nuovo governo dell’Unione, spiegato dal commissario agli affari economici Paolo Gentiloni. “Non abbiamo preclusioni su una tassazione dei giganti del web a livello globale ma non siamo disponibili, in sua assenza, a non decidere come Ue. Viste le dimensioni del mercato, una Web tax europea sarebbe di valore rilevante”, precisa l’ex presidente del Consiglio, in un’intervista a La Stampa.
Un tema caldo quello della tassazione dei “Big Tech” (Apple, Google, Amazon, Facebook), al tempo stesso globale e locale. I governi di tutto il mondo – eccetto gli Stati Uniti, patria dei giganti della tecnologia – stanno cercando di legiferare sull’argomento, mentre le amministrazioni fiscali sono impegnate nel recupero dei tributi non pagati per via giudiziaria. La tassa introdurrebbe una novità assoluta: non dipenderebbe infatti dalla sua presenza fisica in un Paese, ma dal fatto di vendervi prodotti e servizi anche non avendovi la sede fiscale.
In Italia è tutto bloccato. Nelle ultime due finanziarie è stata approvata la dst (digital service tax), che prevede una tassazione al 3 per cento del fatturato dei giganti del web con alte soglie di esenzione. Un modello che ha fatto scuola, usato come esempio dai parlamenti di Germania, Francia e Spagna. Peccato che – nonostante siano passati due anni – Palazzo Chigi non abbia ancora scritto i decreti attuativi, non attivando ancora la web tax. Ora spetta al nuovo governo Pd-5s, che l’ha inserita nel programma, occuparsi dell’imposta che porterebbe nelle tasche dello Stato quasi mezzo miliardo all’anno.