No alle dimissioni, sì al ritiro formale della contestata legge sulle estradizioni in Cina. L’annuncio della capo esecutivo di Hong Kong, Carrie Lam, è arrivato nella tarda mattinata di oggi. Il ritiro della legge è tuttavia solo una delle cinque condizioni richieste dai manifestanti per far cessare le proteste. Tra queste, c’è anche l’amnistia per gli arrestati nei tre mesi di proteste cominciate il 9 giugno scorso, un’indagine indipendente sull’operato della polizia, la riforma politica in favore del suffragio universale e, infine, proprio le dimissioni della leader di Hong Kong.
Nell’audio diffuso dalla Reuters, e registrato la scorsa settimana nel corso di un incontro a porte chiuse con alcuni esponenti del mondo del business, Lam aveva adombrato la possibilità di lasciare il governo: “Se avessi scelta, la prima cosa che farei sarebbe dimettermi, dopo aver presentato profonde scuse”. La smentita però è arrivata ieri nel corso di una conferenza stampa: “Non ho mai neppure pensato di discutere con Pechino le mie dimissioni”.
Secondo quanto rivelato dalla Reuters nelle scorse settimane il governo centrale cinese avrebbe respinto la proposta di Carrie Lam di ritirare la proposta di legge sull’estradizione e le avrebbe ordinato di non cedere a nessuna delle richieste avanzate dai manifestanti a quel tempo.
Il ritiro della legge sta già facendo sentire i primi effetti sui mercati. Con la diffusione delle indiscrezioni uscite sugli organi di stampa già in prima mattinata, la Borsa di Hong Kong è schizzata in alto, guadagnando oltre il 3%.