Andrea Giubilo è stato direttore del Tg3 Rai dal 1993 al 1994, in concomitanza con la tragica morte di Iliaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia. Ha ricordato a LumsaNews quanto avvenuto 25 anni fa.
Lei da direttore del Tg3 ha avuto modo di conoscere bene Ilaria e di apprezzarne la professionalità. Ce ne può regalare un ricordo?
Era una ragazza entusiasta del lavoro che faceva, entusiasta nel trovare notizie. Una eccellente collega e una splendida persona, che aveva un pregio enorme, ossia quello di stare sempre dietro la camera e mai davanti. Lei osservava con gli occhi della telecamera ed era quello che poi vedevano anche gli spettatori. Non cedeva mai a personalismi.
A venticinque anni di distanza, ritiene ancora possibile fare luce sulla sua vicenda?
No, personalmente credo sia quasi impossibile. In quello scenario la vita delle persone valeva dieci dollari. Una squadra di killer la assoldavi con una manciata di denaro. Chi li abbia incaricati credo sia ormai difficile da stabilire.
Quale pista investigativa crede che possa condurre più vicino alla verità sulla vicenda dell’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin? E quanto i depistaggi hanno ostacolato la ricerca della verità?
Sicuramente in questi casi dei depistaggi ci sono sempre e hanno contornato tutta la vicenda. Il mistero vero rimane se si sia trattato di una vendetta locale o invece di un evento ancora più grande e rilevante, legato alle inchieste che Ilaria stava portando avanti. Sicuramente aveva scoperto qualcosa legato alle armi, ai rifiuti tossici e ad altri traffici illeciti.
Subito dopo il ritorno delle salme dei due giornalisti in Italia, è stato trafugato parte del materiale raccolto da Ilaria e Miran.
Dalle indagini emerse che mancava almeno un taccuino, quello che non si sa è se fosse stato sottratto in partenza dalla Somalia o all’arrivo in Italia. D’altronde anche la borsa di Giovanni Falcone e l’agenda di Paolo Borsellino nessuno sa che fine abbiano fatto. Ovunque c’è un mistero c’è qualche documento che scompare, in tutte le vicende in cui non si arriva alla verità c’è sempre qualche punto oscuro su cui non si riesce a fare luce.
Cosa ci può dire sull’ultimo viaggio di Ilaria in Somalia.
Io ero contrario al fatto che Ilaria partisse, perché la spedizione italiana non aveva prodotto alcun risultato, e quindi mi sembrava quasi inutile. Lei insistette tanto, ci teneva molto. Alla fine cedetti e la mandai. Ero a conoscenza solamente del suo viaggio a Mogadiscio, se avessi saputo anche di Bosaso e dell’intervista al “sultano” Abdullahi Mussa Bogor non l’avrei mai autorizzata, perché sapevo quanto fosse pericoloso quel contesto.