“L’India ha compiuto un’aggressione gratuita a cui il Pakistan risponderà quando e dove riterrà opportuno”, si legge in una nota diramata dal governo pakistano al termine di una riunione del comitato di sicurezza nazionale presieduto dal premier Imra Khan. “I caccia hanno ucciso solo un ‘gran numero’ di militanti, evitando di fare vittime civili”, è il commento del ministro degli Esteri indiano Vijay Gokhale.
Un raid effettuato in risposta all’attentato suicida del 14 febbraio scorso rivendicato dai terroristi irredentisti islamici di Jaish-e-Mohammad – stanziati nel Kashmir – che ha causato la morte di 46 militari indiani. “Di fronte a un imminente pericolo, un attacco preventivo è divenuto assolutamente necessario. Abbiamo ucciso un vasto numero di militanti, istruttori e comandanti, tutti appartenenti al gruppo terroristico responsabile dell’attacco del 14 febbraio”, ha assicurato il ministro indiano in conferenza stampa.
Islamad ha però smentito presto le voci sul numero delle vittime: “Le forze aeree indiane questa mattina hanno violato la linea del cessate il fuoco e sono penetrate nel territorio aereo pachistano. La nostra aviazione è entrata subito in allarme e gli aerei indiani sono immediatamente rientrati. Non ci sono state perdite di vite umane né danni”, ha scritto su Twitter Asif Ghafoor, portavoce delle forze armate.
La Cina, preoccupata per questa situazione, ha lanciato un appello ai due Paesi invitandoli alla “moderazione”. “Auspichiamo che l’India e il Pakistan diano prova di moderazione e agiscano per stabilizzare la situazione nella regione e migliorino i loro rapporti reciproci”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lu Kang.
L’intervento militare è il primo dalla guerra tra India e Pakistan del 1971. E arriva in un momento in cui si stanno riproponendo le forti tensioni tra New Delhi e Islamabad per il Kashmir conteso.