Se entro il 12 marzo non verrà approvato l’accordo sulla Brexit il Parlamento britannico sceglierà tra il no-deal e il rinvio del termine di scadenza del 29 marzo. La premier inglese Theresa May, pressata dall’ala moderata del suo partito, ha spiegato ieri alla Camera dei Comuni quali saranno le prossime mosse del governo in uno dei momenti più complessi nella storia del paese oltremanica.
I parlamentari britannici, qualora non ci fosse la maggioranza per approvare l’intesa ri-negoziata con Bruxelles, saranno spinti ad esprimersi sul no-deal. Il primo ministro May non esclude che i deputati votino per questa opzione, sostenendo che l’esecutivo è impegnato “a fare anche dell’assenza di un accordo un successo”.
Se poi anche il no-deal fosse bocciato si voterebbe sull’ipotesi di un rinvio “breve e limitato” rispetto alla data stabilita con l’Ue. Per il presidente del Consiglio dell’Unione Europea, Donald Tusk, “estendere l’articolo 50 per evitare una Brexit senza accordo sarebbe una soluzione razionale e l’Ue dimostrerebbe comprensione”.
L’opposizione del Labour party, guidata da Jeremy Corbyn, ha fortemente criticato la linea della premier. Secondo il leader della sinistra inglese la Camera dei Comuni deve votare per la “Soft Brexit” proposta dal suo partito. Domani verrà portato in aula l’apposito emendamento della laburista Yvette Cooper, ma questa opzione è fortemente criticata dall’ala dura dei conservatori e per questo è difficilmente percorribile. Se fosse respinto questo emendamento per Corbyn lo scenario migliore sarebbe quello di un secondo referendum, definito da lui “un voto pubblico confermativo sulla Brexit”. Secca la replica della May: un secondo referendum “sarebbe un tradimento della volontà popolare” espressa nel 2016.