Ricorre oggi il 70esimo anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma. All’alba del 16 ottobre del 1943, gli ufficiali tedeschi delle SS catturarono 1.024 ebrei, di cui duecento bambini. Solo in quindici fecero ritorno da Auschwitz. La tragica giornata è stata ricordata questa mattina a Portico d’Ottavia con una cerimonia dal Presidente Giorgio Napolitano, il capo rabbino della Comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni, il presidente Riccardo Pacifici e, gli ormai pochi, sopravvissuti alla Shoa. Papa Francesco ha anche inviato un messaggio alla comunità ebraica romana: «Le atrocità della Shoa non possono essere dimenticate».
Diversi eventi sono stati organizzati in città per onorare la memoria. Stasera, dalle 19 alle 21 ci sarà una marcia silenziosa, organizzata dalla Comunità Ebraica e dalla Comunità di Sant’Egidio, che sì volgerà lungo il percorso dei deportati, e che vedrà protagonisti i ricordi dei sopravissuti. Saranno percorse piazza Santa Maria in Trastevere, via della Lungaretta, piazza Tavani Arquati, largo De Matha, viale Trastevere, via della Lungaretta, via della Lungarina, piazza in Piscinula, lungotevere degli Alberteschi, ponte Cestio, piazza San Bartolomeo all’Isola, ponte Fabricio, lungotevere Pierleoni e via Portico d’Ottavi
Una mostra intitolata “16 ottobre 1943” al Vittoriano, ricorda gli eventi dell’olocausto, con uno sguardo particolare al rastrellamento del ghetto. L’esposizione è curata da Marcello Pezzetti, direttore della Fondazione Museo della Shoah.
16 ottobre 1943. Il sabato nero del ghetto inizia alle 05.15 quando trecentosessantacinque soldati della Gestapo, assistiti da ufficiali e sottoufficiali, invadono le strade del Portico D’Ottavia. I tedeschi prima bloccano gli accessi alle strade poi cominciano l’evacuazione degli isolati, radunando insieme uomini, donne, vecchi e bambini. I malati furono gettati con violenza fuori dalle proprie case. Alcune persone si salvarono grazie all’aiuto di amici non ebrei che, rischiando loro stessi, gli ospitarono per evitare la cattura. Vennero catturati 1.254 individui, trasportati nel Collegio militare di Palazzo Salviati in via della Lungara a Trastevere. Li rimasero per due giorni, divisi per genere e in condizioni terribili. Nacque anche un bambino, figlio di una ragazza di nome Marcella Perugia. Dopo l’identificazione, 230 persone vennero rilasciare: alcuni furono identificati come stranieri, alcuni risultarono appartenenti a famiglie miste, altri furono definiti “ariani”.
Il 18 ottobre i prigionieri vennero caricati su diciotto vagoni alla stazione Tiburtina, con direzione Polonia, dove arriveranno sei giorni dopo. Giunti ad Auschwitz, gli ebrei romani furono divisi in due gruppi. Il primo, composto di 820 individui, fu ritenuto inabile al lavoro, e fu condotto direttamente nelle camere a gas, dove furono uccisi: i loro cadaveri furono poi bruciati nei forni crematori. I membri del secondo, composto da 154 uomini e 47 donne, furono inviati ad altri campi di concentramento.
Tornarono quattordici uomini e una sola donna, Settimina Spizzichino: nessun bambino tornò.
Francesca Ascoli