TEL AVIV – 7 ottobre 2023, ore 06:30 del mattino, i razzi di Hamas iniziano a solcare i cieli di Israele e i miliziani provenienti dalla Striscia di Gaza irrompono nello stato ebraico – varcando la frontiera più sorvegliata del mondo – e colpiscono una ventina di villaggi, due installazioni militari e il Nova Festival. Le televisioni di tutto il mondo trasmettono le urla, l’orrore, il terrore dei civili israeliani torturati e abusati dai miliziani, mentre un festival di musica tecno diventa lo scenario di un massacro. A fine giornata le persone brutalmente assassinate sono circa 1200, più di 200 persone – donne, bambini, anziani, malati – diventano, invece, ostaggio di Hamas. La reazione dello stato ebraico è immediata: nel giro di poche ore la Striscia di Gaza viene messa a ferro e fuoco.
Da allora, sono trascorsi 366 giorni, il 7 ottobre 2024 ancora 100 persone sono ostaggio di Hamas – si presume che la metà di loro sia ormai morta – e sulla Striscia si consuma quotidianamente una crisi umanitaria con pochi precedenti nella storia. A Gaza, nell’ultimo anno, i morti per mano di Israele sono stati più di 41mila. 10 mila bambini. I feriti più di 90 mila. I centri abitati sono stati sventrati dalle bombe e chi non è riuscito a fuggire vive tra le rovine sventrate di una vita che fu e che non sembra destinata ad essere più.
L’attacco nel giorno della commemorazione
A un anno dal giorno che ha cambiato i destini del Medio Oriente, a Reim, il luogo del festival Nova, centinaia di persone si sono riunite, commemorando le vittime dell’eccidio: nel silenzio del deserto, alle 6:29, è stato dedicato loro un lungo minuto di silenzio. Pochi minuti dopo il movimento Hamas ha lanciato contro il Paese 4 razzi dal sud della Striscia. Contemporaneamente centinaia di persone si sono radunate fuori dalla casa del premier israeliano Benyamin Netanyahu a Gerusalemme. La folla, nel ricordare le vittime del 7 ottobre, ha invocato la liberazione degli ultimi ostaggi e un accordo per il cessate il fuoco. Una richiesta ormai ricorrente da parte di tanti in Israele, dove nell’ultimo anno non sono mancate critiche feroci al governo e richieste insistenti di dimissioni che, tuttavia, al pari degli ammonimenti internazionali, non hanno fatto tremare Bibi o mutato le sue intenzioni belligeranti. E proprio mentre crescono le pressioni affinché si negozi la liberazione degli ostaggi, il comune di Petah Tikva, nel centro del Paese, annuncia l’uccisione di Idan Shtivi, 28 anni, rapito un anno fa al Festival Nova. Il suo corpo è trattenuto a Gaza.
Non si fermano i bombardamenti
Le cerimonie e le commemorazioni in Israele non bastano, tuttavia, a fermare i bombardamenti. Le brigate di Al-Qassam, ala armata di Hamas, hanno rivendicato un attacco lanciato contro la città di Tel Aviv, obiettivo di una raffica di razzi Maqadmeh M90. Razzi che, pur facendo scattare le sirene d’allarme nella capitale, tuttavia sono stati intercettati dalla difesa aerea israeliana venendo prontamente distrutti.
Dall’alba l’Idf ha dichiarato, inoltre, di aver intercettato oltre 35 razzi provenienti dal Libano e diretti verso il nord di Israele. Anche in questo caso, tuttavia, gli attacchi sono stati intercettati e neutralizzati, senza fare vittime. Nella notte, invece, sono stati nove i feriti dell’attacco missilistico di Hezbollah, che ha colpito le città di Haifa e Tiberiade.
Incessanti, dall’altro canto, i bombardamenti israeliani su Beirut e la Striscia di Gaza, dove è stato colpito l’ospedale di Shuhada al-Aqsa, nella zona di Deir al Balah. A renderlo noto è la stessa Idf, sottolineando che si è trattato di “un attacco mirato contro i terroristi di Hamas” che usavano la struttura come centro di comando.
Contestualmente l’esercito israeliano ha attaccato la città di Jenin, in Cisgiordania, circondando un ospedale governativo, e ha annunciato l’unione della 91esima divisione all’operazione di terra nel Libano meridionale. Proprio in queste ore è la capitale libanese, Beirut, a soffrire particolarmente delle ripercussioni delle operazioni militari dello stato ebraico: gli ospedali sono paralizzati e senza più i mezzi per fronteggiare il crescente numero delle vittime civili.
E se Hezzbollah definisce Israele una “entità cancerosa che deve essere eliminata”, l’Iran minaccia azioni ancor più distruttive in caso di risposta al bombardamento di Teheran della scorsa settimana. Un ammonimento che fa crescere ancor di più la tensione e fa temere un’escalation su larga scala in Medio Oriente.