Palazzo Sciarra, a Roma, ospiterà a partire da oggi fino al 16 febbraio 2014, la collezione di tesori del Museo San Gennaro di Napoli. Settanta pezzi unici che compongono una delle raccolte più importanti d’Europa, che si è arricchita in 700 anni con donazioni, dal 1679 fino al 1993, di re, papi, imperatori ma anche ex voto popolari. L’esposizione è curata da Paolo Jorio, direttore del Museo del Tesoro di San Gennro, e Ciro Paolillo, esperto gemmologo e docente presso La Sapienza di Roma.
I gioielli.La Mitra con 3.964 gemme preziose, tra diamanti, rubini e smeraldi, commissionata da re Carlo II d’Angiò al maestro Matteo Treglia per i festeggiamenti dell’aprile 1713. Il maestoso San Michele Arcangelo che sguaina la spada, l’esercito di santi in argento insieme alla croce di Maria Carolina d’Austria con diamanti e zaffiri, l’anello di Maria Josè, e i preziosi di Maria Amalia di Sassonia e Napoleone sono solo alcuni dei pezzi esposti. Ed ancora la Croce in argento e coralli del 1707 donata della famiglia Spera; il calice in oro, rubini, smeraldi, brillanti dell’orafo di corte Michele Lofrano, commissionato da Ferdinando di Borbone nel 1761; l’ostensorio di Gioacchino Murat e la pisside offerta da Re Ferdinando II; il calice in oro zecchino, con cui Papa Pio IX nel 1849 ringraziò i napoletani per l’asilo durante i moti mazziniani a Roma; e i due Splendori, candelieri in argento di oltre tre metri e mezzo d’altezza donati da Carlo II.
Un percorso spirituale, quello della mostra, che racconta attraverso una serie di dipinti, arredi sacri e documenti originali la storia di Napoli e il culto di San Gennaro. Un patrimonio, quello del protettore della città partenopea, che comprende 21.610 pezzi, che circondano quello che è il vero tesoro di Napoli, il sangue del Santo.
La collezione «Ho voluto questa mostra – sottolinea il presidente della Fondazione Roma Emmanuele Emanuele promotrice dell’evento – perché la bellezza deve essere fruibile a tutti. In un paese in cui non c’è più nulla, dall’agricoltura all’industria, ci rimangono solo il territorio e il patrimonio d’arte. Invece sembra si lavori per occultare la bellezza, nelle biblioteche chiuse come nelle stanze private di assessorati e sovrintendenze. Dalla Sicilia volevo portare a Roma anche il Satiro danzante, la Venere Morgantina e i quadri di Antonello da Messina, invece mi hanno detto “no”».
Un viaggio blindato quello del “ ’o tesorò è napule” che dal caveau del Banco di Napoli è giunto nella Capitale scortato con ingenti misure di sicurezza, ma al termine della mostra non tornerà in banca ma sarà posto all’interno della cattedrale grazie a speciali teche donate dalla Fondazione Roma.
Francesca Ascoli