La disoccupazione italiana è la più elevata dagli anni del secondo dopoguerra e in assoluto la più alta dall’inizio delle serie storiche nel 1977. Gli ultimi dati (diffusi ieri dall’ Istat) parlano di un tasso del 13% (in leggero aumento rispetto al 12,7% registrato nel mese di febbraio) per un numero di senza lavoro pari a 3 milioni e 307mila persone, circa 365mila in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: cifre che parlano di circa 1000 disoccupati al giorno accumulati in un anno. Sullo sfondo, le discussioni che coinvolgono il governo Renzi e le parti sociali, in particolar modo i sindacati.
Il presidente del Consiglio nei giorni scorsi aveva in qualche maniera anticipato i dati ufficiali, dichiarando di voler tornare al di sotto del 10% nei prossimi 4 anni, un obiettivo ribadito ieri a SkyTg 24 nel suo commento alla situazione: “I numeri sono sconvolgenti, ma possiamo tornare al di sotto della doppia cifra”. Mira decisamente impegnativa, dal momento che comporterebbe la collocazione lavorativa di circa 780mila persone.
Renzi sottolinea nuovamente la necessità di riformare il sistema istituzionale al fine di affrontare i temi economici sempre con maggiore rapidità e sicurezza, focalizzandosi anche sull’istituzione di un nuovo codice del lavoro: “Ci sono 2100 articoli in materia nella legislazione italiana, è normale che poi si finisca in tribunale. Noi abbiamo in mente un cambiamento radicale anche in questo senso, con una nuova codificazione, non più di 50 o 60 articoli, scritti anche in inglese”.
Le parti sociali, in particolare Cgil e Cisl, apostrofano con scetticismo le parole del premier: “Serve un piano straordinario per il lavoro, finanziato da una patrimoniale e non da una generica operazione sulla precarietà” ha dichiarato Susanna Camusso. Raffaele Bonanni della Cisl invece fa un appello al pragmatismo: “’Non basta dirsi sconvolti per i dati sulla disoccupazione. Chi ha responsabilità di governo deve indicare una via d’uscita concreta”.
Stelio Fergola
