Dopo l’approvazione alla Camera del decreto sul whistleblowing, arriva a Roma il primo caso di licenziamento per via di una segnalazione di un collega. A farne le spese una dipendente del comune, di circa 50 anni, che lavorava nell’Ufficio Anticorruzione.
La vicenda– La donna, come riporta il suo avvocato Giuseppe Pio Torcicollo, nello scorso mese di marzo, era stata accusata da un collaboratore di assentarsi dal lavoro dopo aver timbrato il cartellino. Dopo la denuncia, i Vigili Urbani hanno pedinato per tre mesi l’impiegata, che «sarebbe stata vista timbrare il cartellino e poi lasciare il posto di lavoro per diverse volte», dice l’avvocato. Da marzo a maggio si sarebbe assentata per vari momenti durante la giornata, seppur brevi, subito dopo registrato la presenza. «La dipendente veniva notata stazionare sulla terrazza posta sopra l’accesso principale del dipartimento in via Petroselli impegnata a fumare o in conversazioni telefoniche» si legge nella nota di licenziamento.
Le accuse– I Vigili hanno consegnato tutta la documentazione all’Ufficio Anticorruzione e Trasparenza del Campidoglio, asserendo che la dipendente, pur non essendo abilitata a svolgere commissioni esterne, era solita allontanarsi in motorino e raggiungere un bar nella zona dell’Eur. I risultati delle indagini sono arrivati subito all’autorità giudiziaria, che ha aperto un’inchiesta a carico per truffa aggravata e continuata. Il legale della donna ha subito precisato che il danno all’erario è minimo, «di soli 200 euro». Il pubblico ministero ha chiesto che il giudizio sia immediato, con un’udienza già fissata per il prossimo 20 dicembre. «Questo licenziamento è illegittimo e prematuro perché anticipa un giudizio che dovrebbe venire prima dall’ autorità penale» spiega Torcicollo, per cui la sua assistita è solo una vittima. «La denuncia è altamente discriminante perché nasce da una `soffiata´ di un collega che fa sì che questa donna sia un capro espiatorio. Di fatto anche altri mettevano in pratica lo stesso comportamento della mia assistita, eppure lavorano ancora».