Uno sputo conta meno di una sberla. Delio Rossi è stato esonerato dalla guida tecnica della Fiorentina. Per aver risposto con le mani alla provocazione verbale e gestuale di Adem Ljajic. Che veniva sostituito. Una reazione sicuramente eccessiva e da condannare, ma non da strumentalizzare. Come invece è accaduto. Perchè gli sputi di un calciatore verso un avversario, o gesti di stizza come ad esempio quelli di Ibra non possono essere trattati con diversi metri di giudizio che una rissa tra allenatore e giocatore. Probabilmente nella cultura delle nostre società di calcio risiede un falso spirito moralista che riecheggia soltanto quando si avverte la necessità di intervenire con punizioni esemplari. Che spettacolarizzano e rimarcano la propria presunta eticità. Quello di Delio Rossi è stato un gesto troppo chiaro, palese e raccontato dai media per passare sotto silenzio. Paga le spese un galantuomo, che se ne dica… Mister Rossi ha chiesto scusa. Nelle sue parole in conferenza stampa di ieri, imbarazzo e vergogna per una reazione incontrollata. Ma quando si tocca la famiglia, come rimanere passivi? Non si parla più di calcio. E’ uscito fuori l’uomo. Che già innervosito per lo svantaggio contro il Novara, si è visto mancare di rispetto da un proprio giocatore per una sostituzione (fra l’altro comprensibile vista la pessima performance di Ljajic).
Tre mesi di squalifica da parte del giudice sportivo per Delio Rossi. Questa la sentenza. In più l’esonero. I Della Valle pensano ora ad un licenziamento per giusta causa, dopo aver rimpiazzato il tecnico romagnolo con Guerini per queste due ultime giornate di campionato. Ma, di giusto, c’è davvero poco. In un mondo di falsi moralisti che adesso sparano a zero su un uomo, prima che su un allenatore, e assolvono invece il giocatore che avrebbe parimenti meritato una squalifica pesante. A questo punto si può davvero essere convinti che i calciatori godano di maggiori tutele degli allenatori. E in una realtà dove tutto va a rotoli, come quella del calcio, non c’è poi del resto tanto da meravigliarsi se la parola rispetto viene usata a proprio uso e consumo.
Gianluca Natoli