L’Italia è stata condannata per i fatti della caserma di Bolzaneto del 2001, che seguirono le proteste contro il G8 di Genova. A stabilirlo è stata la Corte europea dei diritti umani. Per Strasburgo, le azioni di alcuni membri delle forze dell’ordine contro 48 persone sono stati atti di tortura. Una condanna che però inchioda le istituzioni nazionali, colpevoli di non aver condotto indagine efficaci per assicurare alla legge i responsabili. In particolare la Corte Europea accusa l’Italia di non essersi dotata, al tempo dei fatti, di leggi adatte a punire le torture commesse dentro la caserma del quartiere di Genova. I giudici hanno riconosciuto ai ricorrenti il diritto a ricevere tra 10mila e 85mila euro a testa per i danni morali subiti durante i fermi.
Dalla descrizione fornita dai giudici di Strasburgo emerge che “i ricorrenti, trattati come oggetti per mano del potere pubblico, hanno vissuto durante tutta la durata della loro detenzione in un luogo ‘di non diritto’ dove le garanzie più elementari erano state sospese. L’insieme dei fatti emersi dimostra che i membri della polizia presenti, gli agenti semplici, e per estensione, la catena di comando, hanno gravemente contravvenuto al loro dovere deontologico primario di proteggere le persone poste sotto la loro sorveglianza”.
Nella sentenza la Corte afferma anche di “aver preso nota della nuova legge sulla tortura entrata in vigore il 18 luglio di questo anno, ma che le nuove disposizioni non possono essere applicate a questo caso”, mettendo però in risalto il fatto che “nessuno ha passato un solo giorno in carcere per quanto inflitto ai ricorrenti”. Nessuna parola dei togati, però, sui rappresentanti delle istituzioni italiane direttamente responsabili della sicurezza nelle ore concitate del Global Forum.
Una sentenza che, nei fatti, conferma la precedente pronuncia dalla Corte di Strasburgo del 22 giugno scorso che condannava l’Italia per non aver introdotto il reato di tortura nell’ordinamento nazionale e per non aver impedito le torture subite alla Diaz, descritte da Amnesty International come una grave sospensione dei diritti umani.