Ha rotto finalmente il silenzio, sulla questione dei Rohingya, il consigliere di stato della Birmania, e leader di fatto del Paese Aung San Suu Kyi. Questa mattina la leader ha sostenuto, in un discorso trasmesso dalle televisioni nazionali, la volontà del governo di non evadere le proprie responsabilità sulla crisi umanitaria in atto nel suo Paese. San Suu Kyi, nel condannare tutte le violazioni dei diritti umani sui Rohingya, ha però ribadito l’intenzione del governo di non voler attribuire colpe senza prima aver indagato in maniere accurata sulle eventuali responsabilità.
L’emergenza umanitaria nello stato Rakhine – cominciata più di tre settimane fa – ha gettato numerose critiche sul premio Nobel per la pace da parte degli attivisti per i diritti umani. San Suu Kyi, però, ha dichiarato: «Nessuna violenza è stata commessa sui Rohingya. Siamo un Paese giovane e fragile con molti problemi, ma dobbiamo affrontarli tutti». La leader del paese ha poi aggiunto di non temere un’eventuale verifica della comunità internazionale.
Da fine agosto più di quattrocentomila musulmani Rohingya sono fuggiti in Bangladesh a seguito delle violenze subite dall’esercito birmano. Un vero e proprio caso di pulizia etnica, come lo ha definito l’Onu.