Renzi e gli altri: così si annuncia l’assemblea nazionale del Partito democratico di domenica. Dopo l’esito della direzione di lunedì, le minoranze Dem hanno annunciato una contro-assemblea che si terrà sabato a Roma. Giusto in tempo per arrivare compatti al confronto con l’ex premier, appena 24 ore dopo. L’incontro del 13 febbraio avrebbe definitivamente sancito la trasformazione del Partito Democratico in un partito personalistico che cambia radicalmente i principi fondamentali della sinistra, almeno secondo quanto scrivono in una nota congiunta Roberto Speranza, Michele Emiliano ed Enrico Rossi.
I tre hanno stretto un patto che sembra spostarsi ancor più a sinistra del Pd. L’apertura è verso la società, il mondo associativo e chi, deluso da Renzi, ha votato M5S. L’obiettivo dichiarato è proprio quello di riconquistare l’elettorato insoddisfatto. Ma ancora non c’è un nome per questa nuova ‘costituente’: «poi stabiliremo i ruoli fra questi primus inter pares, ma mi sento come fossimo una persona sola, un candidato unico» ha dichiarato il presidente della regione Puglia al quotidiano Repubblica. Se il Pd svuotato con a capo Renzi potrebbe spostare le preferenze dei moderati, facendo calare Forza Italia, il nuovo asse vorrebbe attrarre l’elettorato pentastellato e i centristi.
Questo movimento di ricostruzione del centro-sinistra è aperto a Sinistra Italiana che ingloberà anche Sel di Nichi Vendola. Segnali di apertura anche nei confronti dell’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia che potrebbe aderire al nuovo asse. Quanto al ministro della giustizia Andrea Orlando, «è il benvenuto all’interno questo progetto», precisa Emiliano, ma per Speranza «non può essere il candidato». Intanto Franceschini e Delrio cercano di mediare il più possibile per frenare un imminente ritorno alle urne. Ma la scissione sembra inevitabile: anche Bersani, che parteciperà all’assemblea di domenica, è di questo parere. Per i tre il distacco è stato necessario, ma D’Alema parla di una separazione consensuale e non conflittuale. Un’eventuale alleanza dopo le elezioni non sarebbe da escludere, specie riguardo un fronte comune per combattere l’emergenza populista.