Arriva oggi ad una prima svolta l’indagine che dal 2011 ha tenuto impegnati il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata prima e il Nucleo Polizia Tributaria di Venezia poi. Un mandato di arresto è stato emesso nei confronti di tre italiani e un libico (Mohamud Ali Shaswish, irreperibile finora). L’accusa è quella di traffico illecito di armi pesanti quali fucili d’assalto, missili terra-aria e missili anti-carro di provenienza sovietica. A cui si aggiunge la plurima violazione dell’embargo internazionale, dato che queste armi venivano fatte arrivare, continuativamente tra 2011 e 2015, in Libia ed Iran senza alcuna autorizzazione ministeriale. Oltre alle armi, i trafficanti inviavano anche elicotteri da guerra facendoli passare per eliambulanze. Il cosiddetto inganno del “dual-use”, ovvero materiali di uso civile convertibili ad impiego militare.
Al centro dell’attività criminosa si trova la Società Italiana Elicotteri, di sede romana, il cui rappresentante legale Andrea Pardi è tra i tre fermati dalla Polizia. Già noto alle autorità per il suo coinvolgimento in un’altra indagine sul reclutamento di mercenari tra Italia e Somalia, si parlò di lui quando nel 2015 aggredì un giornalista di Report che provava ad intervistarlo. Gli altri due indagati sono Mario Di Leva, che da quando si era convertito all’Islam si faceva chiamare Jaafar, e sua moglie Annamaria Fontana. La coppia vive a San Giorgio Cremano, vicino Napoli, ed anche uno dei loro figli sarebbe coinvolto nelle operazioni illecite. I due, sui quali si indagava per una presunta radicalizzazione, sarebbero stati il tramite tra i trafficanti e un folto gruppo Isis che agiva tra Libia ed Iran. Negli archivi dei pm Maresca e Giordano, anche una foto dei coniugi con l’ex premier iraniano Ahmadinejad.
Farebbero parte degli atti dell’inchiesta anche delle intercettazioni che vedrebbero la coppia coinvolta nel sequestro di quattro italiani in Libia nel 2015. Di Leva avrebbe inviato un sms accennando ad una presunta conoscenza dei fautori del rapimento. Due dei quattro sequestrati in quell’occasione morirono, mentre gli altri riuscirono a fuggire.
L’indagine, che conferma anche il coinvolgimento della cosca mafiosa “Mala del Brenta”, potrebbe aprire ad un più cospicuo numero di arresti. Per ora si cerca di rintracciare il libico, sospettato di stare organizzando un rimpatrio, aiutato forse dal figlio della coppia.