L’esperienza del governo Renzi è ormai al capolinea. Oggi il Senato darà la fiducia alla Legge di Bilancio, accelerando i tempi delle dimissioni dell’attuale premier. Renzi ha dunque rispettato la richiesta del Capo dello Stato di congelare le proprie dimissioni fino all’approvazione della manovra finanziaria. Poi si aprirà ufficialmente la crisi di governo.
Oggi pomeriggio l’agenda di Renzi prevede inoltre un altro importante appuntamento: la direzione del PD, che si presume piuttosto infuocata per via dello scontro tra le varie correnti che animano il partito. I democratici dovranno decidere la linea da seguire dopo la vittoria del No al referendum. Nel suo intervento Renzi confermerà le dimissioni da premier, mentre dovrebbe restare al vertice del partito. L’unico finora infatti a chiedere le dimissioni di Renzi da segretario è stato Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio alla Camera, che ha dichiarato al programma “Un giorno da pecora”: «Le sole dimissioni che ha il dovere di dare sul piano politico sono quelle da segretario del PD».
Fonti dem fanno trapelare quella che dovrebbe essere la strategia di Renzi per le prossime settimane: puntare a un governo istituzionale, sostenuto da una maggioranza più ampia di quella attuale, che abbia così la forza di varare la legge elettorale. Altrimenti subito al voto. Il segretario PD, infatti, non vuole far passare l’idea che il suo partito tema il ritorno alle urne.
Diversi esponenti della minoranza PD – come Bersani e Speranza – sarebbero però contrari all’ipotesi di elezioni imminenti (come d’altronde lo stesso presidente Mattarella), viste le diverse leggi elettorali vigenti nei due rami del Parlamento. Insomma, la direzione di pomeriggio non dovrebbe essere una delle più serene.
Intanto, si smuovono le acque anche fuori dal Partito Democratico. È pronto infatti a tornare in campo Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano. Intervistato da Repubblica, Pisapia ha detto di voler lanciare un nuovo soggetto politico, “Campo Progressista”, «che riunisca le forze di sinistra in grado di assumersi una responsabilità di governo. Non per motivi di potere ma per fare le cose di sinistra».