Criptofonini e monete virtuali. Le mafie del nuovo millennio abbracciano l’innovazione digitale e cercano di sfruttare con ogni mezzo il cyberspazio per condurre le loro attività illecite. In alcuni casi, assumono anche hacker e ingegneri informatici. Ne abbiamo parlato con Antonio Nicaso, saggista ed esperto di criminalità organizzata.
Dottor Nicaso, ci può tracciare un identikit delle nuove mafie?
“Il capitale sociale delle mafie si sta specchiando con l’acquisizione di nuove competenze sul fronte informatico. Tutte le organizzazioni criminali oggi fanno uso di criptofonia. Si tratta di telefoni simili a quelli degli anni ‘90, che non hanno connessione a internet, fotocamere o geolocalizzazione, ma che sfruttano sistemi di doppia cifratura che consentono una comunicazione sicura”.
In che modo la criminalità organizzata sfrutta i nuovi strumenti digitali?
“Ci sono organizzazioni criminali che hanno assunto hacker proprio per entrare nel cuore dell’innovazione tecnologica. Ma anche ingegneri informatici per estrarre criptovalute, aggiungerle alla blockchain e investirle su piattaforme clandestine di trading. L’interesse delle mafie verso le monete virtuali, inoltre, è cresciuto da quando il presidente americano Donald Trump ha annunciato l’introduzione della sua criptovaluta, proclamandosi ‘primo criptopresidente’. Prima la mafia vedeva i bitcoin con un po’ di sospetto a causa dell’andamento fluttuante del loro valore. Ma questo nuovo atteggiamento contribuirà a far crescere l’attenzione verso questo tipo di moneta”.
Viene da sé il nesso con la cybersicurezza. A che punto siamo in Italia?
“Dobbiamo tenere conto che c’è un divario tecnologico. Le nostre polizie si stanno attrezzando e si stanno dotando adesso di bravi ingegneri informatici. Però siamo un po’ indietro, anche perché abbiamo una normativa che prevede soltanto l’impiego della cybersicurezza nell’ambito difensivo e non in quello offensivo, come hanno fatto invece i belgi, gli olandesi e i francesi. Significa che non si va alla ricerca di questi sistemi criminali per poterli scardinare”.
C’è anche un divario di competenze rispetto agli altri Paesi?
“Il problema rispetto alle competenze nasce da una sorta di sperequazione dal punto di vista dell’opportunità salariale. Quanto è possibile pagare un hacker nell’ambito della pubblica amministrazione? Le società private sono in grado di garantire molto di più, ma questo è un aspetto che va corretto dal punto di vista culturale”.