Sono 2000 gli studi italiani che hanno aderito al progetto promosso dal CNOP, Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi, in occasione della Giornata Nazionale della Psicologia, il prossimo 10 ottobre. Le strutture saranno aperte e offriranno informazioni e consulenze gratuite oltre a essere coinvolte nella prima metà di ottobre in molti eventi.
«A ciascuno di noi può capitare un momento di difficoltà, di solitudine, una fase di ansia, legata anche alla vita che conduciamo, agli avvenimenti: la morte di una persona cara, la malattia – ha detto oggi Emilia Grazia De Biasi, presidente della commissione sulla sanità al Senato, nella conferenza stampa di presentazione dell’evento del 10 ottobre -. Quelli sono momenti che richiedono un sostegno, non necessariamente l’intervento psichiatrico e farmaci. Qualcuno che ci aiuti». Ma ancora oggi si registra una sorta di pregiudizio nei confronti di queste figure professionali. È per questo che il CNOP ha organizzato questa seconda edizione, in coincidenza con la Giornata Mondiale della Salute Mentale. Quest’anno il tema scelto è quello delle “periferie esistenziali”.
«Ci riferiamo non soltanto a quelle geografiche, ma soprattutto a chi si sente emarginato dalla società, a chi è lacerato da tensioni e conflitti, a chi non riesce a far fronte alla complessità esistenziale, riscontrabile anche nel disagio di molti giovani e adolescenti», spiega Fulvio Giardina, presidente del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi.
Da studi eseguiti risulta che le categorie più “critiche” sono quelle dei ragazzi e degli over 50. «Immaginiamo una persona di 50-55 anni che deve riciclarsi sul lavoro e non è educato culturalmente per farlo», ha sottolineato Giardina. Solo tra i giovanissimi, in età compresa tra i 16 e 18 anni, però, si è registrato un aumento del 30% di richieste di supporto psicologico. Per venire incontro a questa evenienza, il presidente spiega che si è pensato, addirittura, di adattare il codice deontologico a questa nuova realtà: «Attualmente prevede che il minorenne debba avere il consenso di entrambi i genitori per poter accedere allo psicologo. Noi vogliamo invece avere l’autonomia di farli venire senza mamma e papà. Ci siamo accorti che i ragazzi hanno un’indipendenza maggiore rispetto a 10, 20, 30 anni fa».
Ma la libertà di scelta non è l’unica a doversi concretizzare. «Una persona che a qualunque livello ha un problema di salute mentale, non dico la patologia psichiatrica ma affronta problemi come la solitudine, l’ansia l’abbandono, va dal privato- spiega De Biasi -. Questo non è ulteriormente accettabile. Non c’è nulla di male ad andare negli studi privati, però, se i servizi territoriali non si potenziano non si riesce a intercettare e quantificare il bisogno».